L'Italia in una tazzina: dati Fipe sul mondo del caffè
La caffetteria al bar è un prodotto di punta e rappresenta oggi il 30% del fatturato complessivo - dice Luciano Sbraga, direttore dell'Ufficio Studi Fipe -. Un dato che sancisce il ruolo fondamentale del bar nei consumi fuori casa e fa in modo che alcune grandi catene internazionali del settore non siano ancora entrate nel mercato italiano. Questo non significa che non lo faranno in futuro ma hanno certamente la consapevolezza che il nostro sia un mercato fortemente competitivo".
IL BAR PER COLAZIONE E LA DIVERSIFICAZIONE DELL’OFFERTA
Parlando nello specifico delle tipologie di locali il bar/caffé si conferma il luogo di eccellenza per il consumo della colazione fuori casa: lo dicono soprattutto gli uomini dai 55 ai 64 anni di età e residenti nel Nord Italia. Il bar pasticceria è risultato il secondo luogo per importanza, in prevalenza per gli over 64 e residenti al Sud. "Il peso del caffè nella struttura delle vendite del bar dipende principalmente da due fenomeni - prosegue Luciano Sbraga -. La prima riguarda la spinta verso una crescente segmentazione dell'offerta con formule, come ad esempio quelle serali, in cui il caffè assume un ruolo meno importante. La seconda ragione invece ha a che vedere con la necessità di qualsiasi bar di alzare lo scontrino medio per aumentare i ricavi. In questo caso occorre puntare su altre categorie merceologiche".
LA CATENA DEL VALORE DEL CAFFÈ
Per quanto riguarda la catena del valore il prezzo del caffè verde risulta in calo: nel 2015 il prezzo medio è stato di 124,67 centesimi di dollaro statunitense per libbra con un calo del 41% rispetto al 2011 (fonte: ICO composite price). La quotazione in euro ha invece subito una flessione di minore entità (-26%) per effetto del sensibile apprezzamento del dollaro sull'euro registrato nello stesso periodo. Il prezzo è stato, nella media del 2015, di 2,49 euro al chilogrammo, mentre nel 2011 era di 3,36 euro al chilogrammo. L'Ufficio Studi Fipe a questo proposito chiarisce le dinamiche della catena del valore che portano ai prezzi delle tazzine di caffè consumate nei bar italiani: "La filiera del caffè è assai articolata e sconta il protagonismo dei trader internazionali e delle loro politiche commerciali - prosegue Luciano Sbraga -. Oggi il caffè ricorre a diversi prodotti finanziari sia per ridurre i rischi derivanti dalla strutturale oscillazione dei prezzi, sia per ragioni speculative. I ‘future’ sono uno di questi prodotti e vengono utilizzati per acquistare "sulla carta" una produzione che non è ancora disponibile. Nell'arco di tempo che intercorre tra il contratto e il raccolto accade di tutto in termini di scambi commerciali. Questa premessa è importante per dire che il prezzo del caffè verde che noi vediamo oggi non corrisponde a quanto realmente accade ai prezzi nei vari passaggi dal torrefattore al bar. In effetti il prezzo del caffè torrefatto acquistato dal bar non subisce mai decrementi di prezzo, al massimo non aumenta".
I RAPPORTI DI FILIERA
I dati toccano anche la questione dei rapporti di filiera, che registrano un elevato tasso di fidelizzazione: nell'80% dei casi infatti i fornitori sono gli stessi da oltre sei anni e nel 60% dei casi (più nel beverage che nel food) da oltre 10 anni. Un rapporto di fiducia che contempla anche i torrefattori, i fornitori che hanno i più stretti legami con il bar, anche per via della frequenza degli approvvigionamenti e dell'assistenza. Sul fronte delle attrezzature, le macchine del caffè nella maggior parte dei casi vengono prese in comodato d'uso dai torrefattori; in ogni caso per il futuro le intenzioni di investimento per rinnovare o arricchire la propria dotazione di attrezzature riguarda un buon numero di imprese. In particolare riguardo al biennio 2015 - 2016 il 14% delle imprese ha dichiarato di dover acquistare nuove attrezzature e nel triennio successivo la percentuale sale al 25%. In definitiva il 40% circa degli intervistati acquisterà nuove attrezzature nell'arco dei prossimi cinque anni, una scelta conveniente a parere della Federazione: la maggiorazione del prezzo di acquisto del caffè che viene applicata per "compensare" il costo delle attrezzature fornite in comodato si spinge infatti ben oltre l'investimento necessario per acquistare direttamente le stesse, anche qualora si dovesse considerare il costo degli oneri finanziari eventualmente necessari nel caso di finanziamento.
L’ITALIA IN UNA TAZZINA
Volgendo lo sguardo ai prezzi della tazzina di caffè nei capoluoghi di provincia italiani, si nota come il prezzo medio della tazzina di espresso si sia attestato su 0,96 euro, crescendo dal 2008 al 2015 del 14%, pari, in valore assoluto, a 12 centesimi di euro. La diminuzione del prezzo del caffè verde non arriva mai fino al prezzo di acquisto del caffè torrefatto facendo sì che i benefici di questo processo vadano a vantaggio solo delle componenti a monte della filiera. Ma sulla tazzina, come prodotto di punta del bar, pesa una quota consistente dei costi di gestione (affitto, lavoro, utenze) con la conseguenza che il costo della materia non è determinante nella formazione del prezzo finale.
Entrando nel dettaglio il caffè passa da 1,07 euro di Bologna, Rovigo, Ferrara e Bolzano per arrivare a 0,74 euro a Bari. Anche gli aumenti tra il 2008 e il 2015 hanno visto significative differenze per territorio: dal +26,2% di Gorizia al +1,5% di Piacenza. Tra le grandi città metropolitane Bari ha registrato l'incremento più modesto con +7,2%, mentre l'aumento più significativo è stato segnalato a Palermo con poco più del 20%. "Il prezzo medio del caffè - precisa Luciano Sbraga - si attesta al di sotto dell'euro ma non sono poche le realtà aziendali e territoriali in cui la tazzina si vende a prezzi superiori. I listini, quando si tratta di espresso, vengono ritoccati sempre con molta cautela. Gli aumenti, tuttavia, vanno fatti spiegandone le ragioni, sia in termini di maggiori costi che di maggiore qualità e servizio, perché l'idea che il cliente non se ne accorga non è adeguata ai tempi”.
OCCUPAZIONE: MANCA PERSONALE QUALIFICATO
L'analisi Fipe si conclude con un focus sul tema occupazione: nel mondo dei bar sono occupate ad oggi 363mila persone, di cui 206mila sono dipendenti. Nel corso del 2014 il 18% delle richieste di personale espresse dalle imprese ha riguardato la professione del barista. In diversi casi le imprese hanno lamentato la difficoltà di reperimento del personale per l'inadeguatezza dei candidati. "La ricerca di personale qualificato, non personale generico - dice Luciano Sbraga - è uno dei problemi maggiormente lamentati dalle imprese. La formazione è essenziale sia "on the job" che in aula. Le aziende di torrefazione e le nostre associazioni, a volte anche collaborando, promuovono interessanti percorsi formativi sulla caffetteria, con l'obiettivo di migliorare la conoscenza delle miscele e della macchina, altra componente essenziale di un buon
caffé. Ma alla fine è sempre l'uomo che fa la differenza anche nel costruire la giusta empatia con il cliente, in quanto, va ricordato, il bar prima che un'attività commerciale è un luogo di relazione".
A latere della richiesta di professionalità qualificate, permane un elevatissimo turnover: "Come Federazione
- conclude Luciano Sbraga - denunciamo da tempo il fenomeno che è figlio di un certo pressappochismo nell'avviamento delle attività, a volte incentivato dagli stessi fornitori di prodotti e attrezzature. L'innovazione è comunque un importante punto di forza: ogni anno decine di nuovi format entrano nel mercato, alcuni di grande valenza commerciale, altri più condizionati dalle mode del momento".