Trattoria Dino, un libro per festeggiare oltre 120 anni di storia.
Il locale, aperto nel 1897 come bottega alimentare e poi trasformato in trattoria negli anni Cinquanta, è arrivato alla quinta generazione restando fedele alla tradizione culinaria fiorentina. Sullo sfondo delle vicende familiari e aziendali, i cambiamenti sociali della piana di Scandicci e della vicina Firenze. A presentare il volume curato da Marco Conti e Andrea Novembrini ci saranno, insieme al patron Paolo Raveggi e agli autori, anche il sindaco di Scandicci Sandro Fallani, il presidente di Fipe Confcommercio Toscana Aldo Cursano e il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni. Il ricavato dalle vendite del volume sarà devoluto alla Pro Loco Piana di Settimo e all’istituto alberghiero Buontalenti.
Festeggia 122 anni la Trattoria Dino di San Colombano, a due passi da Firenze. Lo fa con un libro che raccoglie documenti e immagini in un intreccio narrativo che parte dalle origini del locale, fondato nel 1897.
Il volume, scritto a due mani da Marco Conti e Andrea Novembrini, sarà presentato al pubblico domenica prossima, 14 aprile alle ore 18.30 durante un happening gastronomico allestito all’interno del ristorante. O meglio, per dirlo con un termine italianissimo, di una merenda di quelle sane e sostanziose di una volta, a base di salumi, formaggi e altre prelibatezze. Insieme a Paolo Raveggi, patron del locale, e agli autori, ci saranno anche il sindaco di Scandicci Sandro Fallani, il presidente di Fipe Confcommercio Toscana Aldo Cursano e il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni.
Pagina dopo pagina, il testo ripercorre oltre un secolo di tradizione culinaria fiorentina, ben conservata nei piatti che ancora oggi vengono serviti, frutto dell’elaborazione fedele di ricette tramandate da bocca a orecchio, come si faceva un tempo, e mai tradite per strizzare l’occhio alla contemporaneità.
Sullo sfondo, i cambiamenti storici e sociali della piana di Scandicci e della vicina Firenze, narrati attraverso le vicende del bisnonno Giuseppe, titolare della prima bottega alimentare, che suo figlio Dino negli anni Cinquanta trasformò in trattoria per poi passarla ai figli Giuseppe, Doriana e Giampiero con la moglie Marisa, i genitori di Paolo Raveggi. Una invidiabile continuità aziendale arrivata oggi alla quinta generazione con due dei tre figli di Paolo, Lorenzo e Gabriele, entrambi chef, e tra poco forse anche con Leonardo, il più piccolo. I primi due, poco più che ventenni, diplomati all’alberghiero, in cucina elaborano ancora le ricette messe a punto da nonni e bisnonni, per preservare i sapori che hanno reso il ristorante così noto e amato. Il padre Paolo si occupa della sala, muovendosi fra i tavoli con la flemma di un oste d’altri tempi, fra commenti arguti sull’attualità e sorrisi amichevoli.
“Un’atmosfera davvero senza tempo, dove si riscopre lo spazio delle relazioni umane. Perché Da Dino non si va solo a consumare un pasto, si va a nutrire l’anima”, dice il presidente di Fipe Confcommercio Toscana Aldo Cursano, autore di uno dei contributi che arricchiscono il libro, “in fondo, il ristorante è proprio questo: la casa fuori casa degli italiani. E noi ristoratori facciamo il mestiere più bello del mondo, che consiste nel far stare bene le persone. Paolo, con la sua famiglia, la sorella Anna Maria, la moglie Sabrina e lo staff, assolve a pieno questa missione e non solo perché fa mangiare bene e genuino portando in tavola la tradizione contadina, ma anche perché fa vivere una cultura dell’accoglienza alla vecchia maniera, dove le persone sono al centro e le pietanze diventano una scusa per consolidare i rapporti”.
“Per certi versi la cucina della nostra trattoria può sembrare obsoleta, perché non rispecchia gli standard dettati da alcune trasmissioni culinarie in tv”, dice Paolo Raveggi, “ma non barattare il nostro dna con le mode è il nostro punto di forza. Vogliamo farvi mangiare cibi naturali e genuini, con portate che possono sembrare semplici o povere, ma che, al contrario, sono ricche di tradizione e di sapori della cucina fiorentina”. Al bando dadi e correttori alimentari, cibi acquistati precotti o cotti: “tutto viene fatto alla vecchia maniera in modo naturale e casalingo. È così che mi ha insegnato i' mi' babbo al quale è stato insegnato, a sua volta, da i' su' babbo e da i' nonno”, dice con orgoglio. Da Dino si capisce anche perché la bistecca alla fiorentina si chiamasse carbonata: “la cuociamo sulla griglia al fuoco di carbone e non su pietra lavica, piastre elettriche o gas. E questo vale anche per verdure e fettunta, non solo per la ciccia”, sottolinea Paolo.
“Il libro dedicato agli oltre 120 anni di vita della trattoria non celebra solo la sua cucina, ma ricostruisce le vicende storiche che l’hanno vista protagonista, a volte suo malgrado”, spiega il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni, “dai racconti di operai e mercanti che si fermavano a mangiare lì nei primi anni del Novecento alla seconda guerra mondiale, per esempio, di cui conserva memoria perfino l’inferriata di una finestra a piano terra, colpita da una scheggia. Poi il fermento del dopoguerra, i movimenti politici, l’alluvione del 1966 e via così fino ad arrivare a tempi più recenti. Insomma, un’immersione nella Storia vista attraverso la lente di una famiglia di ristoratori fiorentini”.
Il ricavato dalle vendite del volume sarà devoluto in parti uguali alla Pro Loco Piana di Settimo e all’istituto alberghiero IPSAR Buontalenti.