Il commercio ad Empoli
Confcommercio fa l’analisi della situazione tra andamento del 2018, primi risultati dei saldi 2019, cambiamenti negli stili di consumo, opportunità e minacce che vengono dal web.
Il bilancio del 2018 per il commercio empolese è stato piuttosto soddisfacente: “per la maggior parte delle imprese si è chiuso in pari con il 2017 e di questi tempi è già un grande risultato”, sottolinea il direttore della Confcommercio Toscana Franco Marinoni. È stato il Natale, in particolare, ad essere positivo secondo i sondaggi della Confcommercio: “è stato caratterizzato da un andamento vivace dello shopping, tale che ha permesso di recuperare un anno partito piuttosto male sia nel periodo primavera-estate sia in autunno, quando anche le condizioni meteo, segnate dal grande caldo, nella moda hanno rallentato le vendite dei capi invernali”, dice Marinoni.
Positivo il ritorno delle iniziative di richiamo organizzate ad Empoli durante l’anno,come il Mercato internazionale dei prodotti tipici voluto dalla Confcommercio, che quest’anno tornerà dal 5 al 7 aprile: “gli eventi richiamano gente da fuori e contribuiscono a far conoscere e apprezzare l’offerta della rete distributiva empolese. Qualche negozio se ne è reso conto anche a distanza di settimane, perché tra i clienti ha cominciato a vedere persone nuove, tornate dopo una prima visita in concomitanza con gli eventi”.
Per quanto riguarda il primo scorcio del 2019, “per i saldi invernali Empoli ha risposto meglio di altre realtà vicine, perfino dell’area fiorentina, confermando la sua particolare vocazione commerciale: ormai è punto di riferimento per lo shopping di un vasto bacino di utenza”, prosegue il direttore di Confcommercio Toscana. “Ma i saldi non bastano a recuperare le perdite dell’anno, sono nati per avere liquidità, liberare il magazzino dalle scorte e prepararsi ai nuovi arrivi. Fare leva solo sul prezzo per spingere all’acquisto non può essere una politica permanente, soprattutto per i piccoli negozi, che devono invece puntare su qualità, originalità dell’offerta, servizi personalizzati. Del resto, sconti e prezzi tagliati sempre non giovano neppure alla distribuzione organizzata. Lo ha dimostrato anche il periodo del Black Friday: nell’empolese non ha dato i risultati che tanti si aspettavano, almeno nei negozi tradizionali di vicinato”.
Secondo il direttore della Confcommercio, il piccolo commercio ha ancora molte frecce al proprio arco se abbraccia la strada della differenziazione: “originalità deve essere la parola d’ordine, bisogna puntare su una selezione dei prodotti che non si trovi neppure sul web”, dice Marinoni, “altrimenti diventa una lotta impari”.
I piccoli dovrebbero poi sfruttare le occasioni che vengono dal mondo digitale: “se aprire una piattaforma di e-commerce può essere proibitivo per tanti, non lo è aprire uno spazio virtuale all’interno di piattaforme già consolidate come E-bay, oppure puntare sui social, come Facebook o Instagram, per cercare nuovi clienti o fidelizzarli. Ormai sono questi i linguaggi con cui parlano i giovani. Il negozio che è solo off line rischia di perdere visibilità ai loro occhi. Chi non esiste anche on line alla fine viene dimenticato”.
A proposito delle domeniche di apertura, Marinoni ricorda che “la liberalizzazione degli orari di apertura non è facile da gestire per una piccola impresa familiare, dove i titolari si trovano a dover conciliare tempi di vita e tempi di lavoro, ma non lo è neppure per chi ha dipendenti, perché ci sono costi da sostenere e gli incassi non sempre sono all’altezza. Ormai però è diventata una abitudine consolidata per alcuni consumatori, così i negozi si sono adeguati. Un buon numero di attività rimangono aperte ogni domenica, praticamente tutte lo sono in alcuni periodi commercialmente interessanti. Tornare indietro oggi diventa difficile, sarebbe un’ingerenza nella libera attività d’impresa. Un minimo di regole ci devono essere, poi però ognuno deve essere libero di organizzare il proprio lavoro in azienda come meglio crede”.
Il commercio sta rapidamente cambiando pelle, in questi anni, per almeno tre fattori fondamentali, secondo Confcommercio. “Intanto il clima perdurante di incertezza politica ed economica, che in Italia sta mettendo al palo i consumi perché spinge le famiglie al risparmio, per paura del futuro e della mancanza di occupazione. Poi le differenze negli stili di consumo: forse sempre per la paura del futuro, l’acquisto di beni durevoli dall’arredamento all’auto al capo di vestiario importante, ha lasciato il posto a consumi più inclini all’edonismo, come quelli per il benessere, l’estetica, le cene fuori con gli amici. Per il resto, risparmio, riciclo, riuso continuano ad essere le parole d’ordine. Poi ci sono l’e-commerce e la caccia spasmodica al prezzo più conveniente. A volte pare che senza uno sconto o un’offerta speciale nessuno sia più incline all’acquisto. Ma non può essere solo questa l’arma vincente”.