Il made in Italy può superare ogni crisi, parola di buyer
A fare il punto sul settore moda – e non solo - Gianmarco Melli, presidente di Anibo, l’Associazione Nazionale Italiana Buying Offices, con base a Firenze, che dal 1956 rappresenta e coordina i più importanti buying office italiani.
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“La moda sta affrontando un momento difficile, con problemi reali. Ma li supererà, come ha già fatto altre volte in passato". A dirlo è Gianmarco Melli, presidente di Anibo l’Associazione Nazionale Italiana Buying Offices, con base a Firenze, che dal 1956 rappresenta e coordina i più importanti buying office italiani. Lui è uno che conosce in profondità le vicende alterne dei mercati internazionali e grazie all’esperienza in campo internazionale ha acquisito uno sguardo lungo sulle cose. “Cambiano le abitudini di consumo delle persone, cambiano le imprese, anche quelle dell’alta moda, prese come sono in questo momento da passaggi generazionali non facili e revisioni profonde del management. Fatti che un tempo, forse, sarebbero rimasti fra le mura aziendali ma che ora diventano notizie amplificate a dismisura dai social. Di questi giorni, ad esempio, la notizia del cambio al vertice dell’area creativa di Gucci, con De Sarno che lascia la direzione a soli due anni dalla nomina. Questo ci deve fare riflettere su quanto complessa sia la situazione”.
Il tema del passaggio generazionale è particolarmente sentito dalla moda italiana. “A patirne le difficoltà sono le grandi firme, che con le loro collezioni fanno da traino non solo al comparto del lusso, ma a tutta la filiera moda suggerendo le tendenze da seguire. In alcuni casi le competenze dei nuovi manager e direttori creativi sono limitate a determinati settori, a volte manca una visione più organica dell’azienda e del contesto e nel lusso se si sbaglia una collezione il mercato non perdona, ancor più che in un'azienda normale. Ma, fortunatamente, la moda vive di stagioni”, sottolinea Melli.
Anche i consumatori sono cambiati, negli ultimi anni. “Non sempre è facile assecondare i loro gusti in fatto di stile, soprattutto dal Covid in poi. Per esempio i giovani puntano su riuso e second-hand perché sensibili alle tematiche ambientali, ma allo stesso tempo sono attratti anche dal fast-fashion perché hanno un potere d’acquisto ridotto”, spiega il presidente di Anibo.
Ci sono però motivi di speranza per il comparto. “In Italia abbiamo un patrimonio di piccole realtà produttive e commerciali che, seppure provate da difficoltà reali, non si arrendono: studiano il mercato e le tendenze, fanno ricerca, sanno comprare, valorizzare e vendere. Penso, nella moda, ai negozi multibrand, ma anche all’arredamento, ai prodotti alimentari, all’artigianato: imprese che sanno distinguersi dall’offerta massificata delle catene e sono attrattivi agli occhi dei clienti. Le vetrine dei nostri negozi su strada fanno innamorare i turisti di tutto il mondo, abituati spesso alle grandi catene e agli shopping center tutti uguali. Per questo è importante essere preparati, aggiornati e proiettati nel futuro.”
Le ultime fiere dedicate alla moda sono state incoraggianti. “Le presenze registrate sono state numerose e la qualità delle aziende alta. Si fa tanta ricerca e innovazione e questo è importante. A Firenze Pitti Uomo ha confermato l’importanza del segmento e con Pitti Filati abbiamo avuto un assaggio di quello che ci attenderà nel 2026 per i filati maglieria e siamo positivi ed ottimisti . Anche Pitti Bimbo, che nella ‘famiglia’ Pitti Immagine rappresenta la selezione più “difficile”, è andata piuttosto bene, con sempre nuove proposte che guardano al futuro dei mercati con speranza”.
Il “made in Italy”, nel mondo si spende ancora bene. E non solo per la moda. “Firenze ha ospitato a febbraio anche Taste, il salone food di Pitti Immagine, nato piccolino e ora alla diciottesima edizione con oltre settecento espositori. Il settore alimentare sta dando e darà delle soddisfazioni: la cucina italiana, i prodotti del nostro Paese affascinano (a giusta ragione) i mercati esteri. Certo, anche per questo comparto esiste il problema della distribuzione, ma alle piccole e medie imprese del Paese non mancano capacità e voglia di mettersi in gioco”, chiosa Gianmarco Melli.